sulla cattiva strada

15 Novembre 2011

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    Maxwell Edison Clerkwell



    Mi piaceva la Pigalle. Era un quartiere affascinante, con tutti quegli spacciatori, quei sexy shop, con tutte le sue prostitute, con tutti i Night Club.. Mi piaceva l'aria licenziosa e libertina che vi si respirava, mi piacevano le ragazze hardcore che vi si addentravano, mi piacevano le spogliarelliste, mi piaceva l'aria di proibizione, mi piacevano i pub, i locali pieni di punk tatuati, mi piaceva l'alcool, mi piaceva tutto. Era il luogo ideale, per scacciare i cattivi pensieri, magari in compagnia di qualche bella ragazza, meglio se consenziente, ma anche le squillo non erano tanto male, tutte impellettate e piene di piercing, deliziose.
    Dovevo ammetterlo, sarei anche stato disposto a pagare per il sesso, io che mi vantavo di farlo sempre gratis. Chissà come, poi. Ma era una giornata storta, problemi in Università, ero tornato a casa tardi, e Joan si era arrabbiata, il frugoletto si era messo a urlare, io le avevo tirato uno schiaffo e avevo deciso di uscire. Così avrebbe dormito da sola, se lo meritava. Stupida.
    Sapevo che dovevo decidermi a sposarla, a trovarle un anello, organizzare una bella cerimonia per i miei genitori e i suoi, d'altronde sua sorella Medèe sarebbe stata uno schianto in abito da damigella, ne ero sicuro, e magari sarei anche riuscito a scoparmela durante la festa. Era l'ideale, chi sospetterebbe di un bel neomaritino? L'importante era che nessuno osasse toccare Joan, nessuno le mettesse le mani addosso, e soprattutto scegliesse un abito bianco coprente, casto e pudico. Non sopportavo gli sguardi dei miei amici. Lei è MIA. E di nessun altro. Ed è per il suo bene che ogni tanto era meglio che uscissi a cercare compagnia nella Pigalle, cercando qualcuno che soddisfacesse i miei bisogni fisiologici. Era per il nostro legame, la nostra convivenza, il nostro matrimonio. Ogni volta che riuscivo a trovare una ragazza abbastanza eccitante ricordavo quanto potesse essere sensuale la mia Joan, e la svegliavo nel cuore della notte per scoparla. Solo le estranee mi eccitavano abbastanza, lei era ormai un'abitudine. Per questo era un bene che uscissi, un bene che frequentassi questi posti, un bene. Un bene.
    Ora dovevo trovare solo una abbastanza carina da abbordare. O un locale in cui entrare per bere qualcosa, se proprio non c'era nessuna in grado di soddisfare le mie pretese.

    la stagione del tuo amore non è più la primavera
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  2. Roxànne Yrtimid Frisia
     
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    {Liala De La Fayette} {21/06/1990} {Etero}

    Che ci facevo lì? Non lo sapevo manco io. A, si! Dovevo adempiere ad una stupida scommessa, che avrei vinto sicuramente.
    Restare integra dopo aver passato una notte alla pigalle.
    Era un gioco da ragazzi! Figuriamoci se mi facevo fottere così, dal primo che passava.
    Anzi, siccome non mi avevano seguito, mi bastava mettermi in un angolo e restare sveglia tutta la notte.
    Anche questo era un gioco da ragazzi, perché ormai non contavo più le notti che passavo in bianco.
    Solo non sapevo dove posizionarmi. Ovunque mi girassi c'era perversione, depravazione, sesso, droga, alcool, e chi più ne ha più ne metta.
    Non c'era un angolino pulito. Tutto quel luogo mi dava il voltastomaco a tal punto che mi parve di sentire lo stimolo di rimettere. Solo perché avevo sentito un leggero odore di spinello.
    Perché mi cacciavo in certe situazioni? Non potevo per una volta farmi i cazzi miei? Magari stavolta lasciavo perdere, no?
    Macché! Dovevo sempre fare la forte, la dura ... la cogliona.
    Avevo accettato senza badare al semplice fatto che le decisioni in quel luogo non dipendevano solo da me.
    Comunque sia, mentre mi tormentavo e mi davo della stupida, trovo il tanto agoniato angolino, per così dire, pulito.
    Era una semplice panchina, posta sotto un lampione e dove nessuno vi era seduto. Colpa della luce era ovvio.
    Ciò che loro temevano, per me era salvezza.
    Mi fiondai su quella panchina e mi ci sedetti, badando bene a tenere lo sguardo chino sul cellulare come se messagiassi con qualcuno, così da non attirare attenzioni indesiderate.

    {Sono una Angelo perduto all'Inferno}
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    Maxwell
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    Vagare, per le strade. Delizioso, se si trova qualcuno, mortale, da solo. Amavo me stesso, con tutto il cuore. Ero, probabilmente, la persona migliore che conoscessi, e non lo dico per vanità. È vero, la pura e semplice verità. Io sono intelligente, avvenente, simpatico. So curarmi delle cose che mi appartengono, come Joan e Albert. So curare me stesso, e so curare il mio cervello. Racchiudo in me le migliori caratteristiche del genere umano, sono un docile e gentile maschio alfa, senza il sudore, i muscoli abnormi e il cervello rudimentale che lo caratterizzano.
    Non mi annoio da solo, di solito. Mi piace la solitudine, sono la persona con cui ho le conversazioni più interessanti, ma in serate come queste la mia compagnia non è ciò che cerco. Perchè mai sarei dovuto venire in Pigalle per stare solo con me stesso? No, stasera cerco una compagnia diversa, più.. come dire, graziosa e delicata. Una ragazza, una bella ragazza, non mi piace la pornografia, nè l'oscenità. Non sono fatto per le puttane, questo è sicuro. A meno che non siano deliziose e adorabili, certo. Ma è raro, al giorno d'oggi, soprattutto in Pigalle.
    Avevo vagato un po', per locali, ma c'erano solo ragazze con le tette di fuori e le labbra gonfie di silicone, niente che potesse attrarmi minimamente. Quasi rimpiangevo di non aver pensato per quella sera che Joan andasse bene, e non essermela scopata nel letto matrimoniale che aveva comprato, ignorando gli strilli del bambino.
    Ma, proprio mentre pensavo di attuare questo piano cercando una fermata di un qualunque mezzo pubblico, vidi una ragazza, sola, seduta su una panchina, in mezzo al nulla.
    Mi avvicinai, lentamente. Era graziosa, aveva capelli castani, e un'aria naturale, nonostante i chili di trucco nero sugli occhi. Era vestita come una persona vera, in ogni caso. Vestita in modo normale, se non altro. Molto più interessante, almeno da vedere, di quelle scostumate nei locali. Mi avvicinai ancora, sedendomi affianco a lei. Non avevo la faccia da pervertito, non puzzavo, e non portavo tatuaggi o piercing inquietanti, nè anfibi, pelle, e borchie. Ero vestito come ero andato al lavoro, una semplice camicia un po' stropicciata, un paio di jeans, una semplice giacca, aperta, e una sciarpa di lana, regalata da Joan, perchè non prendessi freddo.
    « Non è pericoloso stare da sole su una panchina nel bel mezzo della Pigalle? » le chiesi, con un tono naturale, cercando di sorridere. Non ero certo il tipo che fa il gradasso, sicuro di sè e provocante. Per quello, forse, ci sarebbe stato tempo, ma sicuramente non ora. Ora era il momento di un simpatico e amichevole Maxwell, che non sa neanche lui che ci fa in Pigalle.



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  4. Roxànne Yrtimid Frisia
     
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    {Liala De La Fayette} {21/06/1990} {Etero}

    Ero assorta nel mio tormento per essermi cacciata in quella spiacevole situazione che alzai gli occhi al cielo per fissare la ottte ec, come al solito, quando finivo in certe occasione, il cielo sembrava primo di ogni luce, come se mi fossi eclissata in un luogo proibito.
    Chiudo per un attimo gli occhi e respiro a fondo quando una voce maschile raggiunge le mie orecchie, catturando la mia attenzione.
    Li riapro e mi giro verso il mio interlocutore, aggrottando la fronte e scrutandolo con attenzione.
    "E' questo mò che vuole?" Mi chiedo accigliata, ripetendomi la sua doomanda di approccio.
    Ci metto poco a trovare la giusta risposta ed è di certo la migliore che poteva venirmi in quel poco asso di tempo che avevo per formulare una frase di senso compiuto.
    -Un modo per difendersi c'è sempre. Basta capire il punto debole di chi ci è di fronte.- Dissi facendo spallucce con nonchalance.
    In fondo era vero. In base a chi mi trovavo di fronte decidevo come comportarmi e di sicuro quel tipo non mi rassicurava.
    Forse perché per in un luogo lontano dalla luce? Oppure perché stavo alle Pigalle, il posto più depravato e schifoso di tutta la Francia? No! Forse esageravo. Diciamo di Parigi, và. Diamo una chance a chi può avere un posto peggiore di quello nella propria città.
    Dopo avergli risposto mi limitai semplicemente a tornare con il volto verso l'alto. Dovevo trovare un modo per tenerlo distante. Le Pigalle non erano famose per le 'brave' persone che vi erano.
    Nel cielo ancora nessuna luce che prometteva una qualche speranze di pace. Nada! Niente di niente.

    {Sono una Angelo perduto all'Inferno}
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